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TO: My Pink Lady

Non ho mai aperto questo blog, non ho mai avuto la forza. Lo faccio ora per raggiungere tutti quelli che lo hanno seguito e condiviso con Cristina le sue emozioni, i suoi pensieri.

Emozioni che hanno spinto Alexo Wandael, suo amico che vive a Los Angeles, a voler realizzare uno short movie in onore e memoria di Cristina.

Ha ora finito lo script ed iniziato la pre-produzione del corto che vorrebbe girare per la fine di Marzo e cerca sostegno con una campagna di ricerca fondi. Questo è il link per chiunque volesse contribuire:

https://www.gofundme.com/quotto-my-pink-ladyquot-short-movie-in-memory-of-cri

Grazie

Il suo papà

Fermati, riparti con il cuore.png

pause, restart with your heart

Pink regali (Bozza del 12 aprile 2014)

Alcuni dei regali ricevuti in questi giorni da tutti voi…mi viziate!

Burro cacao e creme-Pam

Burro cacao e creme-Pam

Giacchino rosso lacca- Dani

Giacchino rosso lacca- Dani

Meditazione Sai Baba- Claudia e Maria

Meditazione Sai Baba- Claudia e Maria

Libro-Laura b

Libro-Laura b

 

Creme-Conni

Creme-Conni

Libro- Raffi

Libro- Raffi

Libro-Elena M

Libro-Elena M

 

Braccialetto Principessa- Pam

Braccialetto Principessa- Pam

 

Tshirt kite girl- davide ing.

T-shirt kite girl- davide ing.

 Grazie!!!

Uova di cioccolato

“Ci sono due modi di vivere la vita. Uno è pensare che niente è un miracolo. L’altro è pensare che ogni cosa è un miracolo.”

Albert Einstein

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Buon giorno e buon cioccolato a tutti.

Mi sono assentata qualche giorno perché ho avuto il blocco dello scrittore o meglio e più umilmente delle idee! Mi sono marmorizzata, rinsecchita, inaridita. Creatività mummificata, sarà sto acido retinoico che mi secca pure i pensieri.

Ad ogni modo, dopo alcuni giorni di umore migliore in cui ho misurato e bilanciato la paura e sono riuscita a ridimensionarla ritrovando speranza e un pochino di progettualità da ieri mi sono rintristita. Ricaduta nel nero. Del resto so perfettamente che chiusa qui dentro l’umore non può che essere del tutto precario e fragile.

Tristezza, malinconia, depressione. Trascorrere l’ennesima festa rinchiusa in un ospedale questa volta è particolarmente deprimente. Non che le altre volte non lo fosse ma adesso sono leggermente più stanca. E’ da un anno che trascorro natale, sant’ambrogio, capodanno, carnevale, morti e ferragosto chiusa in una stanza di ospedale. Non è vita e che cavolo. Sono arrabbiata. Sono stanca, sfinita. So che oggi troverò il modo di passare al meglio questa giornata ma ho bisogno di sfogare ed urlare la tristezza, la rabbia e la frustrazione di essere qui. Ieri, infatti, è stata una giornata urfida ma mi ha fatto bene navigare nella sconsolazione e nel mare delle mie lacrime salate.

Pensare che le persone si stanno svegliando al mare a stanno per andare a leggersi il giornale al bar al sole caldino, o che stanno bevendo il loro caffè per colazione in montagna magari dopo che ieri ha nevicato e che anche solo sono ancora nel letto di casa loro e che stanno per prepararsi per celebrare insieme questo giornata mi rattrista. Mi rattrista essere qui e mi rattrista fare stare qui per l’ennesima volta mio papà con me e fargli subire ancora tutto questo.

Ho voglia di uscire e respirare la primavera, l’erba del mattino, il profumo del bagnato, l’odore sull’androne delle scale del cibo che i vicini preparano. Ho voglia di uscire e sentire sul corpo se l’aria e fredda, umida o secca o se il sole brucia o se appena appena riscalda. Ho voglia di aprire il mio armadio e scegliere un abito diverso dai leggings grigi, maglietta bianca, felpa e infradito che indosso da un mese. Voglio mettermi un jeans e una camicetta. Una scarpa con il tacco e andare a bere un aperitivo o una scarpa da ginnastica e fare una passeggiata al parco o andare al mare a mangiare la focaccia e bere il caffè. Adesso. Adesso. Adesso. Ho bisogno di aria pulita e vita.

E poi si ammetto che questa sensazione viene amplificata dal senso di solitudine che aleggia in me. Sono fortunata e felice di avere accanto a me mio papà e la mia famiglia che mi amano immensamente e che anche oggi mi faranno passare questa giornata con serenità e amore. Ma desidero tanto avere anche una mia famiglia, un mio compagno e invidio tanto chi oggi a pranzo avrà la gioia di vedere negli occhi dei propri figli la felicità di aprire l’uovo di cioccolato e cercare la sorpresa. E’ ovvio che questa sensazione la avrei anche al di fuori di qui ma va da sè che in questa situazione si amplifica all’ennesima potenza.

Per questo care dolcissime amiche che state vivendo una malattia brutta come un tumore non vivete la vostra famiglia e i vostri figli come un motivo di ulteriore tristezza, dolore e preoccupazione per loro. Anzi guardatela dal verso giusto, quello migliore, quello che trasforma la malattia in medicina. Vivetela come una spinta meravigliosa alla lotta, come una voglia irrefrenabile di vita da condividere con loro. Siate forti e combattive proprio per loro e proprio perché la vostra vita e gli abbracci dei vostri familiari sono li che vi attendono.

Sfoghiamoci e rattristiamoci e arrabbiamoci ma poi guardiamo avanti e cerchiamo tutto ciò che di immenso è racchiuso in ogni dettaglio dell’esistenza. E godiamocelo. Ho visto il film “Qualcuno volò sul nido del cuculo” l’altra sera. Film monumentale, guardatelo perchè la gioia e la voglia di vita che sprigiona da quel genio di Jack Nicolson è stupefacente.

Tristezza e malinconia sono emozioni che sono dentro di me, ogni giorno, ma che adesso voglio rimpicciolire come sassolini che si daranno fastidio ma che desidero ignorare.
E allora adesso scelgo di ritrovare il sorriso e la gioia di passare una domenica speciale con mio papà e con chi passerà attraverso questa giornata di festa. Di cercare, vedere e godere di ogni più piccola cosa che può rendermi felice. E so che sarà così perché dentro ora desidero sentirmi cosi.

E abbia inzio. Intanto adesso mio papà mi sta già preparando i fagottini di mele! E’ un dolcetto che adoro e che mangerò oggi a pranzo! Lui è’ chef ormai.

Il fagottino sarà a completamento del menù pasquale ovviamente che prevede per l’occasione salmone agli asparagi ed erbette all’uvetta! Buono vero? Ovviamente gli asparagi, come ben sapete, saranno un ologramma sul salmone mentre le erbette saranno disegnate sul piatto.

A proposito, ricordate la campagna “più verdure meno lassativi” che ho indetto personalmente la scorsa settimana e di cui mio padre si è fatto promotore con l’installazione di un banchetto all’ingresso del Niguarda e con distribuzione di volantini che distribuiscono i suoi amici del golf. Allora la campagna sta andando molto bene perché hanno raccolto veramente tante firme ma purtroppo per avere la vittoria della zucchina lessa ci vorrà del tempo. Ad ogni modo stamattina troverete il banchetto fino a mezzogiorno e potrete comperare delle ottime uova vegane fatte con le dieci verdure di stagione. Una prelibatezza che non può mancare sulla vostra tavola. Gulp.

Ad ogni modo, per ovviare alla stitichezza della verdura e per la salvezza del mio povero intestino ho optato per farmi portare delle verdure rigorosamente cotte. Il tutto ovviamente di contrabbando.

Sempre quel santo di Ermete, infatti, mi cucina delle verdure e me le porta di nascosto a pranzo. Le piccole gioie della vita!

Oggi ovviamente ci sarà poi una ulteriore trasgressione: l’uovo di cioccolato.

Eccolo.

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voglio ma non posso!

Scherzavo. Eccolo e’ questo!

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adesso si ragiona!

A fine giornata quindi mi toccherà litigare con Crudelia, contare i brufoli nuovi e combattere con l’acidità di stomaco. Nulla di diverso in questo di quello che proverete voi cari amici.

Ma la giornata non è finita. Nel pomeriggio poi verranno Davide ing che verrà stracciato a burraco dalla sottoscritta e dopo la mia zia poppi.

A seguire ovviamente papà con altro tapper di zucchine lesse e magari altro fagottino. vediamo Crudelia alle cinque che dice. Insomma adesso devo prepararmi, fare il mio arsenico ed i miei vari liquidi perché tra poco inizia la mia domenica di festa. certo non c’è il mare, la montagna o la tovaglia di casa mia ma la mia famiglia e tutto il loro amore sarà qui con me e questa è vera vita.

Auguri a tutti amici e mi raccomando ovunque voi siate anche se c’è qualcosa che vi fa soffrire mettetela da parte per qualche ora oggi e godetevi questa domenica in serenità e amore con la vostra famiglia e ogni tanto fermatevi ad assaporare il buon saporino oltre che della torta pasualina, della lasagna, dell’agnello arrosto, delle patate al forno, della colombo, del vino e dell’uovo di cioccolato…il buon saporino della vita!

Auguri mie stelle danzanti.

Sempre.

Cristina

 

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sardegna 2011

 

“Ogni giorno è un giorno in più per amare, un giorno in più per sognare, un giorno in più per vivere.”

Padre Pio

Il vento…

Guardo alla finestra nel silenzio ovattato e incantata ammiro il cielo limpido che da azzurro si scioglie in questo arancio morbido..e osservo il vento che muove le foglie verdi di questo enorme albero cercando nella mia mente il ricordo vivo di quella sensazione piacevole che crea mentre ti scompiglia i capelli e ti accarezza la pelle e quel buon profumo di verde, prato e terra umida che arriva puntuale alle narici a ricordarti che è primavera…ed e’ così frizzantina quella sensazione..
Nella mia mente…la immagino sulla mia pelle e con il mio corpo che non può sentirla chiusa in questa campana di vetro …con un velo di gioia e un sospiro di malinconia.

Buon tramonto…respiratelo stasera con tutto il suo profumo.

“La logica ti porta da a a b. L’immaginazione ti porta ovunque”

A. Einstein

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The pink marmotta’s day

“Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni”

Eleanor Roosevelt

Freedom

Freedom

Sebbene il manuale delle pink marmotte sia essenziale per non farsi deprimere dal ricovero in isolamento caustrofobico bisogna tuttavia ammettere che lo stesso è cadenziato da talmente tanti incombenti, orari e piccoli routinari comportamenti da rispettare che il tempo “libero” da occupare resta poco e proprio per questo forse ancora più prezioso.

Ecco la mia giornata tipo durante la clausura! Ricordo che sono in stanza da sola e che non posso assolutamente uscire dal reparto ma solamente in corridoio ed esclusivamente con indosso la mascherina.

Ore 5,30/5,45 : sveglia al suono della parola “termometro“. Le prime mattine non capirete e sarete traumatizzati dalla sveglia in piena notte, senza capire esattamente cosa dovete fare. Nel bel mezzo del vostro sonno addolcito dalle benzodiazepine dovrete infatti aprire gli occhi, trovare il termometro e provarvi la febbre. La prima mattina dovrete accendere la luce per trovarlo ma già dalla seconda mattina sarete organizzate e praticamente vi addormenterete con il termometro già pronto sotto l’ascella!

Il nervo che vi scatta alla parola “termometro” salterà però ogni mattina. Ovviamente dopo che l’avrete provata dovrete leggere la temperatura. Ma vederete che svilupperete la vista a infrarossi e quindi riuscirete a leggere la temperatura senza accendere la luce. Subito dopo verrà l’infermiera e pronuncerete le vostre prime parole della giornata: 36.4!

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Il termometro

Ore 6,00: mentre state cercando di rilassare il nervo saltato dopo il risveglio “termometrato” vi verrà fatto il prelievo del sangue. Le prima mattina se non avete ancora il vostro cvc o farfalla o altro accesso venoso vi faranno il prelievo nel braccio e quindi la vostra notte di sonno sarà praticamente terminata. Con il cvc invece non vi accorgerete nemmeno e quindi vi farete un altra bella oretta di sonno. Tenete a mente che ogni mattina prelevano almeno tre provette di sangue. Leucemia o no va da se che dopo due settimane avrete per forza bisogno di una trasfusione perché Bella di Twilight in confronto alla infermiera che vi preleva il sangue non e’ nessuna.

Ore 7,30: vi rifaranno il letto. Alzarsi. Lavarsi la faccia, indossare mascherina e andare subito a fare il controllo del peso. Crudelia e’ li in corridoio che vi aspetta per il fatidico verdetto. In quel momento, anche se siete assonnati vi salterà il nervo per la seconda volta nella giornata nel leggere il peso che lentamente lievita.
A quest’ora però potete approfittare per sbirciare finalmente gli altri pazienti che uno dopo l’altro come delle formichine che escono dalle loro buche usciranno dalle loro stanze per pesarsi. E’ come un campeggio alla fine!

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Ore 7.40: doccia e, incredibile ma vero, la sottoscritta anche un bello shampoo. Ho comperato settimana scorsa shampoo e balsamo. Che emozione. Erano passati quasi due anni da quando ho perso i capelli. Evvai.

Profumati e puliti a questo punto attendete la colazione, affamati come dei lupi. Si perché la sera prima avrete cenato alle 18 e quindi siete a digiuno non so quante ore.

Ore 8,15/8,30: colazione. Caffe d’orzo, fette biscottate e marmellata. Questo è il primo rito della giornata che mi piace e durante il quale non dovete assolutamente essere disturbati. Godersi la fetta biscottata con la marmellata e il caffè caldo. Con la colazione vi verranno poi portate le vostre varie pastiglie della mattina.

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Ore 8,35: pulizia denti e bocca. Prima di tutto lavarsi i denti, poi sciacqui con collutorio e per finire Micostatin. Che per altro non potete capire che buon sapore ha! Durata dell’operazione… almeno venti minuti! manco il dentista per la pulizia ci mette cosi tanto. Ci vuole una costanza che andare a militare non è nulla in confronto.

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Ore 8,55: trucco. Matita nera, un pochino di terra compatta e fard. Adesso si che lo specchio vi è amico e quella cicciona con la faccia gonfia e gli occhi semi chiusi se ne è andata! meno male.

Ore 9,00/9,30 arriverà l’infermiera che vi misurerà la pressione, la frequenza cardiaca e vi inizierà a portare le varie terapie che vi verranno infuse. Sempre per la felicità della cellulite vostra amica che giorno dopo giorno si estende in ogni punto delle vostre gambe! Ogni tre giorni elettrocardiogramma, non tanto per l’arsenico ma perchè la sveglia al “termometro” alle 5,30 può creare scompensi cardiaci.

Ore 9,30/10,30 verrà quindi il vostro medico che non vedete l’ora di vedere!! La mia la adoro, dolcissima e rasserenante. Vi visiterà e vi aggiornerà sulle terapie.

A questo punto siete “liberi” ed entra quindi in gioco il kit delle pink marmotte.

Fino alle 12 infatti avrete un paio di ore da occupare. Libro, musica, preghiere, riviste, lavorare, scrivere…insomma tempo per fare le cose che vi piacciono e vi rilassano.

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IMG_2587Ore 11,50: io faccio fisioterapia. Arrivano i miei angeli Elena e Roberta e mi bendano il Braccio Braccionis per il maledetto linfedema, di cui avrà modo di parlarvi in un post dedicato. E così mummificata sono pronta per il pranzo.

Roberta ed Elena! belle!!!

Roberta ed Elena! belle e brave!

 

Braccio braccionis!!

Braccio braccionis!!

Ore 12,00: apertura porte al pubblico. Tutti fuori come in un concerto pronti ad andare a vedere la loro rock star del cuore: noi!
A questa ora, subito dopo il bendaggio che per la prima oretta mi rende acida e nervosissima perché stringe, normalmente arriva la vittima sacrificale: mio padre. Il combinato disposto Cristina, bendaggio e fame innesca l’esplosione della bomba atomica. Quindi tempo due minuti e mio padre viene colpito dall’energia delle radiazioni dell’indisposizione che emano che come noto hanno l’effetto… di mandarlo a quel paese.

Ore 12/12,30 affamatissima attendo il pranzo che finalmente arriva.Il rito vuole che accenda la tv e guardo la mitica Clerici. Per dovere di informazione potrei levare il volume del programma perchè tutto il reparto sta guardando la Prova del Cuoco!

Il cibo devo ammettere che non è per niente male o forse dopo qualche giorno che sei qui trasformi le cose meno cattive prima in buone e poi in squisite. E’ come quando entri in un negozio e devi comperare qualcosa ma oggettivamente fa tutto schifo. Beh dopo un venti minuti ti farà impazzire la cosa meno brutta che non è bella ma tu devi spendere e quindi la compri e sei pure contenta. Poi dopo qualche giorno la vorresti buttare via. Allo stesso modo il cibo…dopo tre settimane da squisito che era diventerà noioso e nauseabondo, ovvio.

Ad ogni modo il cibo per ora a me da soddisfazione.
Certo la pasta o il risotto non saranno mai al dente ma pretenderlo sarebbe da sciocchi visto che ci sono più di mille pazienti nell’intero ospedale.
Io comunque mangio il secondo, contorno, frutta, due fette biscottate con olio e sale. Metodica maniacale. Si, decisamente.
Nel menù c’è pollo, tacchino, fettine di manzo, nasello, persico, hamburger di tacchino, involtini al prosciutto, seppioline in umido insomma un sacco di cose veramente buone. Certo dopo due settimane inizierete a sognarvi la vostra cucina di notte e detesterete ogni piatto per cui svilupperete, come vi avevo già spiegato, un rapporto assolutamente conflittuale con ogni tipo di cibo. Lotterete anche con le mele che devono essere solamente di un certo tipo, le pink ovviamente, e solo di un certo peso.
Come contorni vi offriranno purea di patate, cavoli, spinaci, erbette, bietole, coste, carote e zucchine. Solo che gli spinaci, le bietole, le coste e le erbette sono sempre la stessa cosa! E poi ironia della sorte le verdure sono contate. Pochissime.
La domanda, quindi, sorge spontanea. Ci danno da mangiare pasta, pane e proteine. La verdura e’ solo un idea. E’ praticamente disegnata nel piatto, un ologramma. E’ evidente quindi che il sevizio di ristoro degli ospedali e’ d’accordo con le case che producono lassativi e supposte di glicerine. Se mangi infatti solo pane, pasta e pollo e tre fettine di carota in croce beh sarà molto complicato scaricare le tensioni intestinali senza un piccolo aiuto.
Signori direttori degli ospedali vi prego aumentate le verdure nei menù. Vogliamo un trionfo di verdure. Vogliamo essere liberi dai lassativi.
Ho provato a prendere il minestrone ma anche quello e’ composto da tre pezzi di carote, una dozzina di piselli e cinque quadratini di patate (che stringono e’ noto). Il resto e’ pasta, pasta e pasta. Basta pasta.
Amici venite anche voi a votare la campagna che sto sostenendo “più verdura meno lassativo” il cui banchetto troverete allestito da mio padre fuori dall’ospedale la prima domenica di maggio.

Dopo il pranzo quindi tre cucchiai di lattulac che farà effetto dopo 4 giorni per la gioia del vostro colon. Non mi dilungo in sto discorsi di m.

(Ore 13,00 Top secret: caffè alle macchinette che mio padre prende come se fosse Arsenio Lupen. E’ vietatissimo. Anche le prove, bicchierino e paletta, verrano rigorosamente gettati nel cestino e non lasciati sul vassoio del pranzo).

Ore 13,01 pulizia della bocca. I soliti venti minuti di spazzolino, tantum e micostatin. Il trilogy che fa brillare il cavo orale.

Ore 13,30 arriva un amico a trovarvi. Olè. E via con i pettegolezzi e i racconti sulle loro relazioni incasinate, alcune lacrime di sfogo, di paura e arrabbiatura mie, altre lacrime di sfogo, di paura e arrabbiatura loro. Chiacchierate su scarpe e ultimi trend di moda, progetti di viaggi o fine settimana, consigli su libri da leggere, confronti sulla vita, sulla donazione, sulla malattia ma anche sui problemi di tutti i giorni e poi regali,coccole. Insomma alla fine e come se avessi qui gli amici per bere un te e fare due chiacchiere. Loro tuttavia sono talmente intabarrati nella mascherina che a volte non capisco nemmeno chi mi è venuto a trovare!

Ore 14,00 quella vocina si ripresenta “termometro“.  E se per caso stai facendo un pisolino dopo che ti ha svegliato la mattina alle 5,30. Salto triplo del nervo.

Ore 14,15: scelta del menù per il giorno dopo. Arriva un ragazzo o una ragazza con il loro pc e ti elencano cosa puoi mangiare il giorno dopo.
Normalmente viene Stefano che è un ragazzo giovane in gamba, bello e simpatico che nella vita prima di tutto e’ un cantautore bravissimo. Ciao Steve.

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Ordinazione

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Stefano

Ore 14,30/ 17,00: ore libere. Pisolino vietato altrimenti la notte la passate da insonni. Quindi alla mano il manuale delle pink marmotte per decidere cosa fare. Lavoricchiare, leggere un libro, scrivere un post per my pink chemio, watsuppare, guardare un film.

Ore 16,30/17,00: si inserisce il controllo pomeridiano delle infermiere di pressione e distribuzione delle varie medicine e poi di nuovo lei. Crudelia. Il peso sarà aumentato da 1 a 2 kg! Incazzatura e diuretico. Santo Lasix.

Ore 17,00: mentre fate su e giù dal bagno per fare la pipì, riparte l’orario delle visite. E vai per due ore almeno chiacchiere e compagnia. Ovviamente nel mentre la fame salirà e dalle 18, nervosi e affamati come Fantozzi con le sue mitiche polpette (“Tu mangia polpetta?“), inizierete a contare i minuti in attesa del cibo.

Incredibile quanto diventi maniacale per il ricoverato in ospedale il momento del pranzo e della cena. Diventa veramente il momento più importante della giornata. Ma dall’latra parte hai l’ansia del peso visto che ti chiedono di pesarti almeno due volte al giorno come in una beauty farm. Per questo davvero quando esci da ricoveri così lunghi hai veramente del disagio da pazzo maniaco.

L’adattamento. La velocità con cui l’uomo si adatta ed acquisisce abitudini e riti a ritmo con ciò che l’ambiente gli offre e’ imbarazzante. E siccome il povero ricoverato può godere di pochi riti piacevoli quale il cibo e la  tv quando uscirà dal ricovero dovrà fare subito la lobotomia per depurarsi dalle miserie televisive e un corso di rieducazione alimentare perché mangerebbe il de ogni ma si pesa traumatizzato anche a casa due volte al giorno.

Ore 18,00 /18,30 cena. Vedi sopra. Oggi ho ordinato scaloppine di tacchino e broccoletti per cena.

Ore 19,00 /19,30 pulizia bocca. Come sopra.

Ore 20,00: camminata digestiva nel brillanterrimo corridoio. Uno alla volta usciamo tutti dalle nostre stanze e iniziamo a camminare su e giù ognuno al suo ritmo come in una corsia di una piscina. Senza cuffia ovviamente e per ovvi motivi. Se abbiamo voglia ci facciamo due chiacchiere altrimenti rispettiamo i nostri umori con una delicatezza strepitosa.

Ecco la foto del corridoio dipinto di rosa, lilla e giallo. Come dice il mio amico zio Manlio probabilmente avevano da finire vari colori tinta pastello, visto che le pareti sono tutte di colori diversi.

Corridoio: desolate land!

Corridoio pastello: desolate land!

 

Ore 20,50: rientro in camera. Coprifuoco. Struccarsi, incremarsi e pigiamarsi.

Ore 21,00: scelta del film, serie tv o libro. Non guardo mai la tv ma vi invito (in caso esclusivo di reclusione o prigionia) di guardare il palinsesto del canale Iris che proietta spesso film notevoli. Altrimenti libro.

Ore 22,00: arrivano le sante gocce per dormire. Rito piacevole e irrinunciabile.

Ore 22,03: Sogni d’oro. Va beh forse ho esagerato. Comunque entro le 23,00 dormo anche perché la sveglia con “termometro” e’ sempre alle 5,30.

Poi ci sono delle varianti. Il prete che viene a fare due chiacchiere un paio di volte la settimana. La scorsa volta mi ha parlato dell’importanza delle api e del fatto che in Cina si stiano estinguendo e che quindi devono impollinare a mano le piante perché altrimenti non avrebbero più la frutta. Molto interessante, davvero.
Poi il martedì arriva B. La psicologa che adoro e che ogni settimana mi apre mente e cuore in un percorso favoloso alla scoperta di me.

Ovviamente le giornate sono lunghe e, a prescindere dall’ironia sana e piacevole, e’ faticoso reggere un ricovero senza mettere mai la testa fuori dal reparto.

Va da se quindi che potete scegliere se vivere questi orari e riti come costrizioni atroci ed antipatiche che ti levano l’aria oppure come riti giornalieri e consuetudini che diventano in poco tempo familiari e che ti accompagnano dandoti sicurezza nello scorrere delle ore. Si perché i riti sono utili e servono per mantenere un ordine, per cadenziare la giornata, per darti quei punti di riferimento che devi ricreare in un ambiente nuovo e non proprio piacevole com’è l’ospedale in regime di isolamento e per non permettere alla tua testa di vagolare e perdersi in chissà quali ragionamenti cupi. Amo i riti. Sempre.

E poi ci sono loro: i meravigliosi angeli che ti assistono in ogni momento della giornata con dedizione e cura. Medici, infermieri, fisioterapiste, psicologi e operatori di tutti i tipi che sono sempre sorridenti, empatici, attenti e delicati nella cura di noi pazienti.
Si perché penso che sia necessaria una vera e propria vocazione per scegliere di lavorare in un reparto delicato, immenso di emozioni forti e così umano come questo.
In entrambi gli ospedali ho respirato sempre questa grandissima passione, devozione e tantissimo calore. Siete davvero unici. Ecco sono le 17,00, devo andare…noooo a pesarmi!

Sempre con il cuore.

Love u

Cristina

Pink 2010

Pink 2010

Pink 2014

Pink 2014

 “Il tuo unico dovere è salvare i sogni”

Amedeo Modigliani

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La ragione… e’ il viaggio

 Chiunque sia veramente impegnato nel lavoro scientifico si convince che le leggi della natura manifestano l’esistenza di uno spirito immensamente superiore a quello dell’uomo, e di fronte al quale noi, con le nostre modeste facoltà, dobbiamo essere umili.”

Albert Einstein

 

Love, friend, pink kiss and rock!

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amiche per sempre

Spesso capita nella vita di fermarsi e riflettere nel cercare una ragione, un motivo, un perché capitino determinati eventi. A volte non riusciamo ad accettarli, infatti, nella loro casualità e forse perché non lo sono a ben pensarci.

L’essere umano, continuamente ma spesso inconsciamente interrogato sul valore della sua esistenza, a volte ha infatti il bisogno o anche il semplice desiderio di sapere e capire perché nella sua vita succedano certe cose e di tentare di inseguirne la loro logica ragione. E’ come se avesse bisogno di mettere ordine ed avere delle certezze in un mondo che sembra dominato dal caos. Altre volte invece, forse per paura di indagare in se stesso e forse perchè troppo razionale per poter sostenere delle risposte che richiedono un credo -non necessariamente religioso- più che la ragione, l’uomo si accontenta di accettare l’idea che ogni accadimento è semplicemente governato dal caso fortuito. Forse, sono ipotesi.

Personalmente non mi piace pensare che la mia vita sia ancorata ad un destino immodificabile o regnata dal mero caso. Credo molto nel fatto che gli accadimenti, i sogni, i ricordi, gli incontri siano legati tra loro da un qualcosa di trascendente o comunque semplicemente non ancora spiegabile dallo stato della scienza e che non siano solo coincidenze. Mi sorprendono, mi stimolano e mi piace cercare di comprendere dove possibile perché effettivamente accadono e quanto il mio comportamento e la volontà che ho riposto in esso li abbia potuti in qualche modo determinare. Penso che non esista un destino immodificabile. Anzi a volte penso addirittura che certe esperienze siano state da noi talmente ricercate o talmente strumentali al raggiungimento di altri obiettivi spesso a prima vista irriconoscibili, in questa vita o in una precedente, che alla fine non possono che accadere.

La causalità, invece, non mi piace, mi fa sentire impotente, la trovo pigra e giustifica l’indolenza. Rende tutto più facilmente accettabile forse ma la trovo così poco stimolante nella ricerca della comprensione di se stessi. Se tutto è predestinato allora noi non possiamo che accettare passivamente gli eventi e quindi anche tentare di comprendere più intimamente chi siamo sarebbe fine a se stesso non potendo poi tentare di usare gli insegnamenti a cui siamo giunti per creare il nostro percorso di vita.

Ogni essere umano credo che prima o poi, nelle svariate stagioni della proprio a vita, si confronti con questo pensiero  addivenendo a soluzioni distinte e anche contraddittorie tra loro. Ancor di più probabilmente durante i periodi di maggior sofferenza e dolore e certamente nel momento in cui si rende conto di lottare per la vita stessa.

Nel primo periodo della mia malattia, un pò per mancanza di accettazione della stessa, un pò per paura di affrontare il problema e un pò per orgoglio e per non sentirmi una vittima da compatire, non mi sono chiesta perché mi fossi ammalata, non ho mai pensato “perché proprio a me“, non ho mai creduto di essere sfortunata più di tante altre persone e non ho mai ricercato in modo ossessivo di comprendere per quale ragione sulla mia strada avessi dovuto e debba affrontare un ostacolo così grande, pericoloso, faticoso e doloroso. Ancor oggi tutto sommato non mi sento più sfortunata di altre persone e per quanto cerchi di aprirmi a nuovi sentimenti quali paura, tristezza e arrabbiatura, rimango scioccamente orgogliosa.

Ad ogni modo ho pensato che in questo modo, senza darle troppa importanza, potessi vivere al meglio tutto quello che la stessa avrebbe portato con se.

Ho sempre cercato di vivere al meglio i miei ricoveri, di essere sempre ottimista, di fare progetti e di esssere sempre forte. Ho sempre mantenuto la voglia di ritrovare la mia femminilità, di approfittare dei periodi di isolamento per arricchirmi la mente e lo spirito con libri e film e di rinforzare quel legame di amore con le persone che mi stavano intorno per sentirmi confortata. Non mi pento di questo atteggiamento, anzi ne vado molto fiera. Per me è stata una dimostrazione di grande valore, amore per me stessa, forza, coraggio e voglia di vivere che porterò sempre con me.

Ho lottato per prendermi da questa esperienza la migliore parte che potesse avere e per guardarla con occhi pieni di gioia e speranza. Forse, anzi certamente, avrei dovuto essere un po più umana ed accettare già tempo fa che c’erano in me anche i sentimenti di paura, tristezza e la rabbia che ho respinto e soffocato dentro di me illudendomi in questo modo di non soccombere. Tant’è.

Poi qualcosa è cambiato finalmente.

Lentamente, giorno dopo giorno, ho iniziato ad avere il coraggio di pormi delle domande su ciò che stesse veramente accadendo. Ho realizzato passettino dopo passettino che non potevo più fare a meno di ignorare emotivamente il significato della malattia e non potevo più reprimere i sentimenti che essa portava immancabilmente con sè. No ho mai sottovalutato la malattia e l’ho sempre trattata con rispetto ma forse ne rimanevo troppo distante perchè temevo che se mi fossi avvicinata troppo mi avrebbe mangiata e avrebbe annullato tutta la carica, il coraggio e la gioia che duramente coltivavo. Niente di più stupido, seppur umano. La consapevolezza e il volerla toccare sono certa che non potrà che rinnovare, come piano a piano sta facendo, la mia carica, la mia forza e ancor di più la mia fame gioiosa di vita!

Cosi ho iniziato a provare ad avvicinarmi a lei e studiarla per vedere se dandole un senso sarei riuscita a dare al percorso e alla battaglia un valore che andasse ben oltre alla sua sconfitta.

In questi pensieri sono stata accompagnata dal desiderio di ascoltarmi e capirmi, dalla ricerca di spiritualità, dalla voglia di provare gioia e fare progetti, dai miei amici buddisti, dall’amore immenso della mia famiglia, di mio padre, di tutti i miei amici, dagli insegnamenti di Sai Baba, dai colloqui con i terapisti, dai consigli di persone strettamente collegate all’anima e dai profondi ragionamenti sulla vita con tutte le persone che mi sono state accanto in questi mesi. È stata una ricerca di me e una scoperta incantevole sul valore della vita che è tutt’ora in atto.

E così ho iniziato a pensare che forse mi ero ammalata dopo l’enorme dolore per aver perso mia mamma e per la sua atroce malattia oppure che mi ero ammalata perché avevo bisogno di attenzioni o avevo paura di essere abbandonata. Poi ho pensato che mi fossi ammalata perchè troppo debole e troppo indecisa per fare delle scelte nella vita di felicità, perchè non mi amavo abbastanza magari. Poi sono passata alla visione ottimista ed ho pensato che la malattia si era appalesata solo per consentire di aprirmi con maggior vigore prima alla vita e poi alla spiritualità. Ho pensato che sarebbe stato un semplice periodo di prova di forza e di sfida per rendermi più consapevole. Ho meditato sul fatto che era un tragitto, uno strumento che mi avrebbe consentito di liberarmi da pesi di una vita precedente e di illuminarmi per una futura. Ho anche riflettuto che fosse un modo forse un pò violento ma decisivo per comprendere la necessità di dover rivoluzionare ciò che non mi appagava della mia vita. Ho considerato l’ipotesi che questo ultimo ricovero sia determinante per comprendere cosa voglio fare professionalmente e che forse senza di esso non avrei mai aperto questo blog.

Beh la verità è che ognuna di queste ragioni che ho elaborato ed analizzato profondamente ed intimamente convive e fa parte di me. Perché non esiste una ragione sola per cui ci si ammala o perchè forse non esiste nemmeno una ragione perchè capita e basta. Credo però che ricercare smaniosamente la causa e volerla a tutti costi racchiudere in una motivazione certa ed univoca sia un grande errore che ci indebolisce.

Ad ogni modo sebbene probabilmente ci sia una ragione per cui sul nostro percorso troviamo determinati e precisi  intralci, penso che sia molto più saggio e costruttivo pensare che questi ostacoli siano delle vere, grandissime opportunità che non solo possano portarci ad cambiamento meraviglioso e profondo ma che se trasformati e illuminati non possano impedirci di essere felici.

E’ chiaro che se la motivazione ci può essere utile per comprendere il percorso che stiamo facendo allora dobbiamo indagarla ma non affossarci nella stessa.

Le sofferenze, i dispiaceri, le avversità sono tutte opportunità preziose per imparare a guardare la vita con occhi diversi e coglierne quelle preziose sfaccettature che anche alle persone più sensibili spesso sfuggono e che ci danno gioia.

Abbiamo il privilegio di aprire il nostro cuore alla vita e scoprirne l’essenza e di imparare quanto e prezioso sia ogni più piccolo dettaglio, di sentirne il profumo ed assaporarne l’intenso sapore che porta con se.

Quindi fermiamoci pure a cercare un motivo al perchè ci sia capitata questa sofferenza, dispiacere o intoppo ma non dimentichiamoci mai di fare in modo che esse ci insegnino qualcosa, che ci arricchiscano e che ci possano rendere delle persone migliori, più consapevoli, più piene, più leggere, più curiose, più coraggiose. La felicità è ovunque basta volerla vedere.

Ed è questa possibilità di vedere le avversità che potrà essere utile a chi ci sta attorno perchè magari guardandoci potrà trovare lo stimolo e la voglia di alleggerire le proprie sofferenze.

Mi sono ammalata per non so quale ragione ma cercarla mi ha aiutata a cercare e trovare una parte di me e viverla ed affrontarla con tutte le sue emozioni ha accresciuto in me determinazione, amore, stima, coraggio, forza, spirito di adattamento a nuovi limiti e soprattutto pura gioia di vivere!

E’ difficile e molto faticoso ed oggi più che mai per me. In giornate in cui arranco per trovare un barlume di serenità e di piacere, non è semplice cercare di non dimenticare la gioia che ci può essere in ogni istante ed in ogni occasione e soprattutto nelle piccole cose. La vita è sempre immensamente ricca ma a volte, come ora, penso, sbagliando, che solo fuori di qui ci sia vita e che adesso si sia fermata. Passerà, deve sciogliersi anche questo nodo.

Questa esperienza porta in se un amore incommensurabile per l’esistenza e una capacità di gioire di ogni più piccola parte di essa. Non devo dimenticarlo mai. E’ meraviglioso imparare a trasformare con compassione ogni ostacolo in opportunità di vita e non dimenticare mai il buon sapore quotidiano che porta con se.

Quindi ubriachiamoci di questa esistenza così misteriosa, affascinante, incantevole, sorprendente e immensa seppur a volte bastarda.

Sempre con amore.

Cristina

Dani che emozione incredibile…grazie amica mia preziosa! Con tutto il mio cuore 

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with love

 

Ama la vita più della sua logica, solo allora ne capirai il senso.

Fedor Dostoevskij

 

 

Donatori di speranza e di amore- parte II

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love, peace, smile and dream

Buon pomeriggio! Eccomi per continuare a a riflettere sulla grandissima importanza del trapianto di midollo osseo e per cercare di vivere insieme a voi delle esperienze che mi hanno riempito il cuore.

Come scritto ieri, infatti, la reperibilità del donatore è veramente rara.

Sembra, infatti, impossibile ma purtroppo la verità è che la compatibilità genetica è un fattore veramente molto raro e che i donatori di midollo, purtroppo, sono veramente pochissimi.

Il paradosso di tale situazione credo sia generato da una parte dall’assenza di informazione e dall’altra dalla scarsa coscienza sociale. Per un paziente per cui è indicato un trapianto di midollo osseo al fine della guarigione il donatore ideale è, infatti, un fratello compatibile. Purtroppo però, non solo non tutti hanno un fratello, ma a ciò si aggiunge che solo nel 35 per cento dei casi i pazienti hanno un fratello il cui midollo osseo sia perfettamente compatibile con il loro.

Negli altri casi si deve quindi ricorrere ad un donatore estraneo in uno dei registri internazionali di donatori di midollo osseo, oppure prendere in considerazione un trapianto non perfettamente compatibile o un trapianto autologo; ma la ricerca e la compatibilità si riducono entrambe ulteriormente.

Per coloro che non hanno un donatore consanguineo, la speranza di trovare un midollo compatibile per il trapianto è dunque legata all’esistenza del maggior numero possibile di donatori volontari tipizzati, dei quali cioè sono già note le caratteristiche genetiche, registrate appunto in una banca dati.

Orbene, la rarità della compatibilità genetica e’ stata purtroppo per me confermata dal fatto che non è stato reperito alcun donatore con me compatibile a livello internazionale. A livello internazionale sottolineo.

I miei cugini stupendi, Davide, Elena, Sabrina e Riccardo si sono immediatamente sottoposti al test di tipizzazione ma nessuno di loro è risultato compatibile.

Fortunatamente mio padre, guerriero valoroso unico ed insostituibile, e’ un settant’enne (ops non dovevo dirlo?) in ottima forma fisica che aveva ed ha tutte le caratteristiche per donarmi il midollo, nonostante vista l’età non sarebbe andato esente da pericoli. I genitori naturali, infatti, sono sempre ovviamente compatibili al 50%.

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Ad ogni modo il momento in cui avviene il trapianto di midollo vero e proprio e’ semplicemente incantato, mistico. E’ un momento soprattutto pieno di amore e speranza per tutti.

Non so come spiegarvi ma posso dire che trascende e provoca una carica emotiva di gioia talmente forte che ti elettrizza, ti commuove e ti fa lacrimare dalla speranza e dalla rinascita che porta con sè. E’ il raggiungimento di una nuova esistenza, il momento che ne determina il passaggio…La rinascita del guerriero che tanto e faticosamente ha combattuto per arrivare in cima alla montagna a prendersi la sua nuova vita.

Quando ero ricoverata al mio secondo ciclo ed ero in isolamento ho goduto di questo momento idilliaco che devo assolutamente raccontarvi.

Io ero ricoverata in isolamento nella mia stanza e sapevo che nella stanza accanto alla mia c’era una ragazza più giovane di me che stava combattendo con la mia stessa nemica con la stessa grinta. I nostri percorsi viaggiavano su rette parallele e i nostri destini si stavano già incrociando. I nostri letti erano posizionati in modo che le nostre teste fossero una vicina all’altra e adiacenti al muro divisorio. Tutto era carico di emotività. Non passavamo giorno che una non chiedesse dell’altra ai nostri infermieri. Avevamo tra l’altro un terribile dolorosissimo problema che non ci dava pace ma che vi ometto. Che dolore, non posso pensarci.

Ad ogni modo non ci eravamo mai viste ma l’energia che emanavamo e la forza che entrambe sapevamo di mettere nella battaglia che stavamo affrontando come se fossimo fianco a fianco ha creato qualcosa di mistico tra di noi..ci siamo prese per mano nel nostro cuore e non ci siamo mai lasciate. Ed è proprio durante quel ricovero che V. ha fatto il trapianto. Ti adoro V.

Ero emozionatissima ed elettrizzata seppur non sapessi nulla di lei, se non il nome, e non conoscessi il suo viso o la sua voce che immaginavo cosi dolci.

Il giorno del trapianto ricordo perfettamente che quando F., una delle straordinarie infermiera che mi ha curata, mi disse che V. stava ricevendo le cellule dal suo donatore mi emozionai cosi tanto che mi vennero le lacrime agli occhi dalla gioia…empatia sublime magia. Nel frullatore c’erano gioia per lei, emozione, desiderio e sapore di vita, speranza per me, amore per lei come se fossi io…

Mio padre intanto cuciva bellissime e preziose conversazioni con la sua mamma; genitori uniti nel dolore e nell’amore profondo per le proprie figlie.

Fu un momento straordinario e ancora adesso ho i brividi a ripensare a quell’istante di incantevole magia. Al momento delle dimissioni non ci siamo potute incontrare perchè non ricordo chi ma una delle due era ancora in isolamento.

Giorni dopo senza saperlo ovviamente entrambe siamo andate una mattina in ospedale a fare un controllo. Ricordo benissimo che stavo aspettando di entrare a fare una visita quando è uscita dall’ambulatorio una ragazza bellissima con la pelle bianca come la porcellana con  la mamma e non so come ma ci siamo subito riconosciute e abbracciate così intensamente da trasmetterci con il solo pensiero tutto quello di atroce che avevamo passato in quei mesi e tutto quel misto di sentimenti che vanno dalla gioia alla disperazione, dalla forza all’abbattimento, dalla speranza alla tristezza e fino al desiderio di vita e alla felicità di essere li…insomma tutto ciò che entrambe avevamo passato e stavamo passando e che riconoscevamo l’una nel cuore dell’altro. V., ti voglio bene e so che le mie lacrime che ora stanno scendendo dal mio viso si confonderanno ed uniranno alle tue quando leggerai…

E poi D., carissimo amico D. a cui sono affezionatissima. Anche con lui è stato magico vivere il momento del trapianto. Lui ha ricevuto le cellule staminali dalla sua stupenda sorella che ha dormito nel letto accanto al mio per una notte. Meraviglioso esempio d’amore. Ti stringo D., quante passeggiate, quante chiacchierate  e quante risate nel corridoio corto del reparto! Ti voglio tanto bene! Ci sentiamo spessissimo perchè per noi è importante sapere come stiamo e sorreggerci l’un l’altro.

E poi la mia adorata meravigliosa piccola D. Quanto ti voglio bene tesoro mio bello. Noi abbiamo fatto un bellissimo ricovero in isolamento in “tandem” e siamo state insieme un mesetto! In questo periodo io ero al terzo ciclo di chemio e lei era ricoverata con me per fare un trapianto autologo. Fu amore a prima vista, la tenerezza che provavamo l’una per l’altra e il senso di protezione che subito è nato è stato sublime. D. è giovanissima ed è stupefacente la forza, l’intelligenza la maturità la sensibilità e il sorriso piena di energia che possiede. Preziosa. Naturalmente al nostro ricovero insieme dedicherò un articolo tutto nostro!

D. adesso è ricoverata, perchè la malattia anche a lei non ha dato tregua, ma finalmente dopo mesi di lotta veramente pesante e impegnativa la guerriera è in remissione e oggi stesso ha fatto il trapianto allogenico! D. sono con te in ogni ora di questa giornata piccola mia! Forza! Due ospedali, due anime, due cuori che battono. Mi manchi! 

Esperienze davvero incredibili la cui intensità mi rimarrà sempre nel cuore. Perchè si c’è tanta sofferenza perchè questa malattia ti manda all’inferno ma poi trovi cosi tanto amore che non ti aggiusta le ferite ma certamente ti riempe il cuore di gioia…

Polvere magica per tutti voi e soprattutto per te mia piccola grande guerriera!

Presto tornerò ancora sull’argomento…. ma adesso desidero che tutti i miei e i vostri pensieri positivi, l’energia,  l’amore vadano a D. e che si uniscano in un girotondo intorno a lei!!

Ti voglio tanto bene amica del mio cuore, anima danzante..a prestissimo

Tua Cristina

 

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 “Un vincitore è semplicemente un sognatore che non si è mai arreso”

Nelson Mandela

 

 

Il trauma del jeans

Lo so, o almeno presumo di saperlo, la felicità, ammesso che esista, non risiede nella mera bellezza o nella pura estetica, seppur siano valori altamente apprezzabili che necessitano tuttavia di sottile sensibilità per essere compresi nella loro pienezza e importanza e per non trascendere nel superficiale.

Ma voi miei cari lettori possedete già questa magnifica sensibilità e, quindi,vi sarà semplice comprendere non solo la gioia che suscita la bellezza di un’opera artistica ma anche quella che nasce da una creatura qual’è la donna con tutti i suoi magnifici ornamenti.

La felicità, ammesso che esista, è uno stato interiore, un sentimento che proviamo dentro di noi e che se fossimo realmente saggi ed illuminati dovrebbe prescindere ed essere del tutto indipendente dagli eventi esterni. Vivere dominati dagli altri o dall’ambiente, sentendoci ora felici ed ora tristi, non ci fa stare bene.

Potremmo forse visualizzarla come una luce che splende in noi e che ci illumina dall’oscuro che spesso ci appartiene.

La compassione per gli altri e la capacità di comprendere le loro necessità e il desiderio di condividerle, il nutrire l’amore incondizionato e disinteressato per chi incontriamo nella nostra esistenza, il comprendere e il mostrare ai nostri amici e nemici il loro lato meraviglioso che non riescono a vedere perché offuscati dal buio, il desiderio di creare valore attraverso l’amicizia e i legami di affetto sincero, la consapevolezza che tutti apparteniamo ad un’unica materia che è l’universo e che tutti vibriamo al suono divino ed armonioso con cui esso si muove…la felicità è  uno stato interiore di benessere così sfuggevole che dobbiamo lottare costantemente per tentare di rimanere in equilibrio in esso. Forse.

Tuttavia, bisogna dire che non può esistere e non esiste una univoca ed apprezzabile definizione di felicità ma forse la stessa per consolidarsi in noi in maniera appagante non può prescindere da uno stato interiore sereno e gioioso piuttosto che ancorarsi ad illusioni esterne e ad oggetti materiali. La posizione sociale, la ricchezza, la fama non durano, infatti, in eterno e per quanto possano realizzarci e farci stare bene sono precari e non sono in grado di assicurarci una serenità d’animo interiore stabile tale da farci sentire bene.

Ognuno di voi, comunque, avrà la propria idea più o meno precisa di cosa voglia dire essere felici o stare bene e nemmeno io sinceramente so se la felicità sia effettivamente anche solo sfiorabile con le parole appena scritte. Certo la felicità è anche un bacio rubato, il sorriso di un amico, la mano di tuo padre che ti stringe nel dolore, una pizza con la mozzarella di bufala e un tortino caldo al cioccolato, il vento che scivola sul mare e il profumo della neve..queste e milione di altre ancora sono emozioni che creano sublimi lampi di pura felicità certo…. ma probabilmente non la stabilizzano in noi.

Credo che non siano gli eventi a farci essere felici ma sia uno stato d’animo dentro di noi che ci fa apprezzare gli stessi, ci consente di guardarli e trasformarli in esperienze meravigliose, anche laddove di per se non sembrerebbero esserlo.

Ad ogni modo qualsiasi sia la vostra idea di cosa voglia dire stare bene personalmente credo che,comunque, esistano anche valori apparentemente più frivoli ma in realtà decisamente profondi che contribuiscano a renderci felici.

La ricerca della bellezza e l’amore e la cura per l’estetica in relazione alla nostra persona sono alcune delle molteplici qualità che ritengo possano farci stare meglio in particolar modo in momenti difficili della nostra vita in cui il nostro aspetto fisico subisce dei cambiamenti non voluti e decisamente traumatici.

Si perché, comunque, oltre all’anima, al cuore pulsante e allo spirito vibrante tutti noi abbiamo un corpo fatto di carne non solo da nutrire e curare ma che possiamo adornare ed abbellire con miriadi di gingilli dando sfogo a creatività e gusto.

Quanto adoro quelle signore ottantenni che incontri sui tram milanesi che portano ai lobi quegli orecchini di oro rosa lavorato a fiore, che hanno il rossetto rosso e che indossano sulle loro mani magre e venose guanti color crema a rete fatti all’uncinetto e con il bottoncino laterale. Con la loro giacca bleu di panno con appuntata una spilla oro e rubino e le loro scarpe a décolté che avranno almeno trent’anni ma che sembrano appena uscite dal calzolaio da quanto sono lucide. Sono magnifiche con i loro capelli bianchi perfettamente pettinati e se ti avvicini a loro profumano di quel buon odore di sapone e di colonia dolciastra con note di mughetto che se chiudi gli occhi ti fanno balzare immediatamente nella Milano degli anni cinquanta. Magnifico elogio all’estetica che nutre l’animo e appaga i sensi. Riti consolidati nel tempo che stabilizzano la nostra serenità e che ci fanno sentire bene.

Ed è quindi un balsamo per l’animo durante i faticosi periodi in cui siete sottoposti alle terapie e in cui vedete modificare in modo violento il vostro aspetto dedicarsi non solo al proprio nutrimento intellettuale e spirituale ma anche al proprio corpo che verrà in qualche modo segnato dalla malattia.

Truccarsi, indossare una parrucca o un cappellino estroso, comprarsi un vestitino nuovo o le scarpe che abbiamo sempre desiderato, andare a frasi mettere lo shellac rosso lacca alle unghie… sono tutti passatempi che rinvigoriranno il nostro umore e daranno dignità al nostro corpo che continua ad essere magnifico e vuole essere splendente come una stella danzante.

Per me poi dedicarmi con amore al mio aspetto e’ stato ed e ancora certamente un modo per demonizzare il cancro, per non consentirgli di marchiarmi in misura maggiore di quello che già fa, per dare dignità al mio aspetto di giovane donna che ha comunque il bisogno che ritengo così piacevolmente umano di essere socialmente apprezzata. E’ altrettanto vero che truccarsi o cercare abiti che nascondano i nostri difetti e mettano in risalto le parti migliori del nostro corpo può essere un modo per tentare di allontanare e nascondere la malattia. Tutto fa parte del percorso. Non esiste una sola ragione ma per me è certo che dedicarmi al mio corpo e all’estetica in modo anche rituale mi fa stare decisamente meglio.

Ed anche voi vi assicuro, se avrete voglia di dedicarvi al vostro aspetto, troverete presto lo stile adatto che sarà unico e che vi farà sentire speciali.

Vi è però purtroppo una piccola cosa (tragica) che non vi posso sottacere care amiche mie tutte stupende.

Sedetevi comode. Ebbene si sarà un pò dura accettarlo inizialmente ma ne uscirete.

Devo dirvelo, purtroppo, durante le terapie e per un po di tempo, dovrete abbandonare… il vostro adorato jeans. Lo so è una tragedia ed è inaccettabile.

Si, lo so, non ditemelo… proprio quello che avete trovato praticamente da pochissimi mesi dopo anni e anni di ricerche e sudate nei camerini per provarne a migliaia e dopo centinaia di euro spesi in precedenti acquisti sbagliati. Si lo so, lo so, proprio quello che vi veste come un guanto e che vi sta divinamente sul culo e che se solo mangiate un oliva non si chiude ma che vi fa sentire alte e fisicate come Gisele Bunchen.

Va bene piangete ma tranquille, noi porremmo insieme rimedio anche a questo terribile effetto collaterale!

Il cortisone, la chemio, la maledetta ritenzione idrica che produce, il poco movimento per la stanchezza, le compensazioni culinarie sono tutte, infatti, nemiche che tradiranno il nostro equilibrio corporeo e ci faranno salire sulla giostra del peso rendendoci isteriche alla sola vista della bilancia. Spaccatela la maledetta!

Certo anche voi cercate per favore di non buttarvi a capo fitto su biscotti ripieni di crema e cioccolato, gelati dimensione extra large cinque palline e torte millefoglie con panna e fragole (svengo). E vi prego, laddove non subiate troppo la stanchezza fisica sforzatevi e non dimenticatevi di fare sempre un pochino di sana attività fisica. Basta una passeggiata al parco di una quarantina di minuti per mantenere un buon tono fisico e per tenere il vostro cuoricino in forma e le vostre chiappette sane. Perchè ricordatevi, appena finirete le terapie, è vero sarete gonfie di liquidi e farmaci ma quelli poco a poco li smaltirete mentre le ciccionerie che vi siete consapevolmente guadagnate sbaffandovi il de ogni non faranno altro che alimentare il vostro sfigo umore post terapie. Siatemi moderate senza eccedere ovviamente. Anche il piacere della bocca e del palato devono essere degnamente appagati!

Il mio povero corpo, dopo la chemio per il seno accompagnata dal santo cortisone e dopo i cinque ricoveri della durata di un mesetto ciascuno in ospedale per la leucemia, in cui sono stata idratata come se il mio corpo fosse fatto di sabbia del Sahara, è rimasto leggermente confuso riportando delle oscillazioni sulla bilancio anche di nove chili.

Non vi spaventate e state tranquille perchè i liquidi con pazienza, un po di dieta e di attività fisica li perderete magari non tutti ma parecchi! E poi diciamoci la verità la donna un pochino più morbida è molto più sensuale e soprattutto serena e gioiosa perchè non inacidita dalla privazione del carboidrato!!

Ad ogni modo anche il cortisone fetente -quanto inebriante- preso per mesi mi ha gonfiata lentamente e quasi di nascosto come un palloncino. Le terapie poi sono comunque lunghe, quindi, prima di poter riprovare ad indossare il nostro tanto amato jeans dovremmo attendere del tempo.

Ecco il rimedio da me adottato ed in questo bisogna ammettere che la moda oggi giorno con tutte le sue innumerevoli possibilità aiuta sempre moltissimo.

Veniamo a noi. Comprate immediatamente il temutissimo e gettonatissimo leggings che consiglio rigorosamente nero. Non temetelo perchè la sua resa dipenderà da come lo abbinerete.

Vi prego di non optare per quello in simil pelle o con bordi in pizzo, borchie o ancor peggio lucido di lurex.

Siate sobrie e sceglietene uno nero possibilmente opaco.

Un consiglio. Non permettete al vostro leggings di mostrarvi il suo lato oscuro. Perché lui è fetido e non vede l’ora di insaccarvi come salami mettendovi di fronte a tutte quelle ciccionerie rotolose che forse si saranno accumulate in quella piccola zona che va dal ginocchio all’ombelico.

Siate più furbe del leggings e fottetelo, quindi, indossando (fino a che la stagione lo consente) un bel paio di calze coprenti che vi lisceranno e sosterranno i cosci di pollo come una primer per il viso! Le calze mettetele sotto il leggings ovviamente.

A questo punto dovrete rigorosamente indossare degli stivali neri con il tacco. Non troppo alto ma con il tacco che vi slancia. Un bel tacco 5/7 per il giorno sarà perfetto. Solamente, infatti, se avrete conservato delle gambe asciutte potrete permettervi, ma non sempre vi prego, degli stivaletti biker bassi. Altrimenti vietati dalla legge!

A questo punto completate il vostro look indossando una camicia di seta di quelle lunghe e un po larghe che si trovano un po ovunque a cifre modeste (da ZaraHM, Forever21,Urban outfitters, Top shop, Asos ne troverete di svariate) che privilegerei in tinta unita e di colore chiaro. Sopra indosserete poi quei maglioni larghi e lunghi lavorati a lana grossa chiusi o a cardigan a vostro piacimento! Le gambe appariranno magrissime e sembrerete altissime! e fighe ovvio.

 

"chemio in leggings"

“chemio in leggings”

Cappellino alla moda o parrucca, trucco, occhiali da sole e siete pronte per uscire!

Se la stagione volge al caldo potrete sempre utilizzare il vostro leggings. Levate le calze ovviamente e indossate delle ballerine se il vostro polpaccio ve lo consente. Altrimenti veleno. Oppure indossateli con delle scarpe da ginnastica magari color fluo con una maglietta un pò lunga e larga bianca o grigia e un giubbino di pelle nera così sembrerete appena uscite da una chemiofarm direttamente da NY. Con il caldo ricordate poi che quelli a fantasia smagriscono, non eccediate e siate misurate comunque! TezenisCalzedonia, Brandy Melville ne hanno tantissimi.

Per tutte le stagioni varrà poi l’intramontabile vestitino di lana, seta, viscosa o cotone!

Quindi care amiche state tranquille e non dimenticate mai che piacersi senza essere eccessivamente severe con noi stesse aiuta a mantenere l’umore alto e che sarete davvero più felici anche il giorno che andrete a fare terapia se vi sentirete carine. Si perché tutti vi guarderanno e rimarranno catturati dalla luce che emanerete e voi non potrete che essere gratificate per questo. Ma non solo perchè siete realmente belle ma perchè vi amate cosi tanto che vi siete prese cura anche del vostro meraviglioso corpo!

Personalmente gli stivali con il tacco seppur non altissimo sono stati i miei compagni perfetti per innalzare gamba e soprattutto spirito! Eleviamoci tutte insieme…meditate!

Ecco dei jeans dopo qualche settimana vi assicuro che vi sarete completamente dimenticate.

Eh poi comunque se proprio devo dirlo questa mi sembra una un’ottima occasione per comprare finalmente un jeans nuovo… che tanto quello che avevate è vecchio, vero? ….vita bassa, attillato in alto ma un pò svasati in fondo che slanciano e smagriscono! Da HM sono carini e costano poco!

Buon leggings a tutte!!

Vostra Cristina

 

Oggi, ancora una volta, decido di dedicare la mia vita alla pace. Di essere così forte che nulla potrà alterare la pace del mio spirito. Di trasmettere salute, gioia e speranza a chiunque io incontri. Di far sentire ai miei amici che c’è qualcosa di buono e di magnifico in loro stessi. Di guardare il lato positivo in ogni cosa e di essere ottimista nella vita. Di sfidarmi ad agire e di mirare al meglio. Di essere felice nella vittoria degli altri così come nella mia. Di non scordare gli errori del passato e di avanzare risolutamente per ottenere i migliori risultati nel futuro. Di dedicare totalmente tanto tempo al mio miglioramento personale che non me ne resterà più per criticare gli altri. Di essere troppo forte per la paura, troppo nobile per la collera, troppo felice per l’inquietudine. Di approfondire la mia fede ogni giorno affinché possa trovare la strada da seguire nella vita”.

Daisaku Ikeda

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Cappello o parrucca: this is the problem! (Bozza del 7 Aprile 2014)

Ebbene dopo che avrete iniziato la vostra chemio purtroppo arriverà il fatidico e triste momento in cui i capelli staranno cadendo e in cui vi sentirete smarrite e forse, come me, denudate ingiustamente della vostra identità. Si perché la perdita dei capelli e’ il segno indelebile che siete malati.

Sarete tristi, depresse e piangerete. Fatelo intensamente, sfogatevi ma sforzatevi di tenere sempre a mente che ricresceranno. Vedrete che reagirete guerriere e vi ritroverete a pensare a se coprire in qualche modo l’indesiderata nudità oppure se vi sentirete a vostro agio anche così.

Non esiste naturalmente una scelta migliore dell’altra. Sarà il vostro cuore e le fortissime emozioni che vi provocherà il cambiamento -che per me è stato traumatico – che vi farà scegliere senza avere dubbi.

Ricordo che dopo l’intervento al seno, ho iniziato a tagliare i capelli sempre più corti e nel mentre, prima che mi cadessero ho deciso di andare a provare una parrucca. Ero terrorizzata e devo ammettere anche un po’ inorridita dalla possibilità’ perché non accettavo ancora ciò che stava succedendo. Comunque ho deciso di andare e mi sono fatta accompagnare da una mia amica che avendo avuto problemi di alopecia mi ha dato forza e mi ha fatto sentire tranquilla nell’affrontare anche solo l’ingresso nel negozio.

E così sono entrata soprattutto per vedere la mia reazione e misurarmi sulla eventuale scelta di indossare una parrucca.

Il mio primo impatto fu di esaltazione eccessivamente euforica. Erano talmente tante, di diversi colori e svariati tagli che mi sembrava di essere nel mondo delle bambole da vestire, adornare e pettinare.

Dopo aver quindi curiosato un po qua e un po la ho scelto quella che mi sembrava più adatta ed ho chiesto di provarla.

La mia sensazione non e’ stata per nulla piacevole. Mi guardavo e mi stava bene ma non mi sentivo a mio agio, mi rendevo conto che avrei perso i capelli, che facevo parte del terrificante e pauroso mondo dei malati di cancro con le loro teste pelate e le loro nausee ingestibili, ero terrorizzata. Ero frastornata. Non potevo credere che stesse succedendo a me. Ancora adesso faccio fatica.

Sono tornata a casa e mi sono tranquillizzata ma ho capito subito che la parrucca non sarebbe stata la mia scelta.

Dopo poco tempo, prima che i capelli iniziassero a cadere, ho iniziato allora a cercare qualcosa di diverso che mi stesse bene e che non mi facesse sentire troppo paziente oncologica.

La mia scelta credo sia stata dettata da desideri e pensieri in realtà molto confliggenti tra loro.

Da una parte infatti il non voler indossare una parrucca era un modo per me di non nascondere la malattia. Volevo che gli altri sapessero vedendomi e non volevo in nessun modo vergognarmi di essa e nasconderla. Volevo essere forte e provare a smitizzare la malattia o meglio a renderla più avvicinabile a tutti. E avevo voglia di essere consolata e coccolata e nello stesso tempo avevo bisogno di sentirmi bella e piacere anche così, senza eccessivi feticci.

Se e’ vero che queste mi sembravano essere le motivazioni che mi apparivano così chiare e limpide nei miei ragionamenti e’ altrettanto vero che inconsciamente e nel profondo di me stessa nascondevo solo tantissima paura e insicurezza e sceglievo di non coprirmi con una parrucca proprio perché senza mi sarei sentita molto più protetta.

Premetto che non ero e non sono fidanzata e questa credo sia stata una circostanza particolarmente incisiva nella mia scelta. A dire dei miei amici poi ho avuto la fortuna per la maggior parte del tempo, di non sembrare così malata se non appunto per la mancanza dei capelli. Ovviamente ero sempre truccata ed ho sempre evitato di vestirmi in modo poco curato.

Bene, entrambe queste circostanze mi hanno inconsciamente fatto scegliere di non coprire la mia testa con una parrucca proprio perché la mia insicurezza non voleva mettermi nella condizione di dover magari spiegare a persone che non mi conoscevano e soprattutto a uomini che ero in realtà malata e stavo facendo chemioterapia e che quelli che vedevano non erano i miei capelli.

Non volevo nascondere la malattia perché ero fragile rispetto ad essa e la temevo e volevo che lei parlasse per me mostrando che non avevo i capelli.

La verità e’ che anche oggi ho paura di lei maledetta fetida e se ci sono momenti che temo che lei vinca fortunatamente ce ne sono di maggiori in cui sono certa che stia per essere definitivamente distrutta.

Per me questo era il modo migliore per proteggermi.

Mostrare al mondo che ero malata era proprio un modo per evitare di correre il rischio che qualcuno mi “scoprisse” e mi chiedesse.

La mente umana ha infiniti stupefacenti e allo sesso tempo terrificanti strumenti per proteggerci. E spesso quella che tu pensi essere una manifestazione di coraggio e di forza in realtà racchiude anche delle nostre immense fragilità.

Questo penso sia stato il mio percorso emotivo interiore accompagnato tuttavia da un tantino di narcisisimo volendo apparire, oltre che coraggiosa e forte, anche bella e volendo essere socialmente apprezzata per questo.

Ma veniamo finalmente a vedere cosa ho quindi scelto di indossare.

A me i bandana, le varie fasce colorate e i foulard a fiori, a righe o a qualsiasi altra fantasia mi infastidiscono!

Non mi piacciono per niente e li trovo anche più orribili su chi li porta con i capelli. Non so cosa dirvi e’ così da sempre, giusto per complicarmi la vita proprio quando ne avevo bisogno.

Con queste premesse ho quindi iniziato a girare negozietti vari per trovare qualcosa che mi coprisse la testa ma a tinta unita!

Finalmente da Brandy Melville ho trovato delle sciarpette di cotone rettangolari e lunghe che ho comperato in nero, grigio e bianco. Il bianco malata naturalmente da mettere solo ed esclusivamente al mare sotto il cappello nelle pochissime ore mattutine in cui magari sarei stata un pochino al sole con la protezione 100.

Beh queste sciarpette, praticamente indossate come da pirata dei Caraibi, mi hanno accompagnata fedelissime in questi quasi due anni e sono parte di me! Le adoro, sono leggere, si asciugano subito quando le lavi, sono lunghe e se vuoi le annodi al capo lasciando le punte libere così ti sembra di avere i capelli lunghi.

 

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sciarpetta con punte sciolte

sciarpetta con punte raccolte

sciarpetta con punte raccolte

 

sciarpetta grigia

sciarpetta grigia (appena posizionato cvc…male!)

sciarpetta grigia

sciarpetta grigia

 

Versione contro il vento!

Versione contro il vento!

Camogli e sciarpetta bianca

Camogli e sciarpetta bianca

 

Poi nelle occasioni importanti me ne sono fatta fare un paio della stessa dimensione e forma ma di seta nera che ho usato in ben due matrimoni!

D’inverno poi sopra la sciarpetta ho sempre portato il cappellino.

I must assoluti sono stati uno nero abbastanza leggero ed uno grigio un più consistente. Collezione inverno 2012/2013 ed inverno 2013/2014. Entrambi i cappelli non sono con il taglio a cuffietta che sembra stai uscendo dalla piscina ma sono larghi e lunghi così da riempire la testa.

cappellino nero

cappellino nero

 

cappellino grigio

cappellino grigio

Quando era giornata e mi sentivo particolarmente sbarazzina e bella allora mi sbizzarrivo con dei modelli un po più estrosi e decisamente egocentrici. Sempre rigorosamente a tinta unita! No righe, no fiori: vietati dalla legge!

Quello che mi piace di più e’ grigio con due pon pon al posto delle orecchie ed uno nero con le orecchie da gatto!

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pon pon e…cortisone

 

Miaooo

Miaooo

Poi fantastici sono “Pallocchio” che è color beige con le orecchie fatte sempre a pon pon e sopra ricamato il muso di un gatto!

Pallocchio

Pallocchio

Di questo ho anche la versione gufo regalato da Davide ing: indossato e’ strepitoso.

Gufo! (su faccia gonfia da cortisone e liquidi)

Gufo! (su faccia gonfia da cortisone e liquidi)

E poi c’è lui: stupendo! Verde chiaro con pon pon e che si allunga sulle orecchie e poi partono dei lacci lunghi e alla fine ci sono dei pon pon. Con questo sembra davvero che hai le trecce! Bellissimo! Regalo di Elena m. per natale.

Cappello Rapunzel! (sempre più gonfia la faccia!)

Cappello Rapunzel! (sempre più gonfia la faccia!)

Per i cappellini il posto migliore dove trovarne una varietà infinita secondo me e’ Accesorize. Ha sempre quello che cercate! Anche OVS ha spesso accessori alla moda a poco prezzo. Quello nero con le orecchie da gatto me lo ha regalato Raffi ed è di Zara. Ma vedrete che svilupperete subito il fiuto del cane da..cappellino ed in ogni negozio butterete l’occhio in quel reparto che alla fine non avete mai preso in considerazione! Sarà divertente vi assicuro!

Infine devo confessarvi una cosa. Adesso non sto facendo più terapie a base di chemio ma a base di veleno. L’arsenico. I capelli non cadono e quindi stanno decisamente crescendo…spettacolo!
Ma e’ incredibile come non sia più abituata a vedermi senza il cappello, senza la fronte coperta. Mi sembra di avere una faccia grossa come un televisore! Pazzesco direte ma mi ero così abituata che mi vedo più bella con il cappello! Quindi mi farò crescere i capelli e mi pettinero’ con il caschetto con la frangetta.

Questo per dirvi che vedrete che vi abituerete subito alla vostra nuova bellissima immagine perché siete stupende dentro.

Non da ultimo se sceglierete di indossare parrucche ricordate di andare prima che cadano i capelli e prima di rasarvi per scegliere il colore giusto e più simile ai vostri capelli! Questo vale anche se sceglierete di usare sciarpe o foulard non tanto per il colore ma per avere già tutto.

Un negozio fornitissimo di parrucche è la Casa della parrucca via Govone Giuseppe Generale, 68, Milano. Quello dove sono stata io e dove sono gentilissimi.

Cappellizzatevi, parrucchizzatevi o rimanete con la vostra bellissima testa nuda perfetta e ricordatevi che truccando soprattutto gli occhi sembrerà che abbiate scelto quel look e non di certo che state facendo chemio!!

Buoni copricapo a tutti! Siate pink nell’anima…

 

“Piedi, che li voglio se ho ali per volare?”

Frida Kahlo